Storia e Patroni
Vanzago vanta origini antiche, forse celtiche. Se ne trova un indizio importante nel nome. I celti, infatti, non assegnavano ad un paese un nome a caso. Il nome scaturiva dalle reali situazioni locali: presenza di fiumi, boschi, paludi, monti; oppure dal nome delle famiglie o trib๠stanziate nei luoghi stessi.
Per tentare di capire il significato del nome “Vanzago” bisogna quindi risalire alla sua forma pi๠antica. “Vanzago” fu la variante che si impose alla fine del secolo scorso, dopo che per diversi secoli era stato utilizzato il nome “Venzago”. Forme pi๠antiche, ritrovate nei documenti, sono: “Veniacum”, Venciacum” e “Vanciacum”. In questi nomi si nota la radice “an”, spesso mutata in “en”, che per i celti aveva il significato di acqua, e la terminazione in “ac” che sta a significare villaggio. Riassumendo: “villaggio vicino all’acqua” o “villaggio tratto dall’acqua”. Nonostante queste origini antiche, le prime documentazioni scritte sono tuttavia risalenti all’anno 864.
Vissuto per tanti secoli di economia essenzialmente agricola, Vanzago conobbe l’avvicendarsi di tanti proprietari terrieri: dai pi๠illustri come i Simonetta a tanti meno noti come i Croce, i Besozzi, i Pusterla, i Calderara, i Gattinoni ed i Ferrario. Il paese non fu mai “infeudato”, essendo riuscito anche nei tempi pi๠difficili a pagare al Ducato di Milano quel tanto da mantenere una propria formale indipendenza.
La chiesa dei santi Ippolito e Cassiano – ricostruita nel 1859 dell’architetto G. Muraglia – vanta origini molto antiche come testimoniano documenti risalenti al XII secolo. Vanzago ebbe inoltre nel medioevo e fino al tardo Quattrocento un convento di monache, il cui nome è rimasto nel cortile ancor oggi detto “il Monasterolo”.
I suoi antichi padroni, le cui famiglie si sono tutte estinte, hanno lasciato tra l’altro due splendidi palazzi di origine cinquecentesca:Â il Palazzo detto “Gattinoni”, oggi sede della Fondazione Ferrario che l’ha riadattato splendidamente nelle sue linee settecentesche e il Palazzo Caldarara, recentemente acquistato e ristrutturato dal Comune, oggi sede del Municipio.
Entrambi i palazzi sono circondati da grandi aree a verde: il primo con uno splendido parco ricco di alberi secolari e pregiati; l’altro con un’area adibita a centro sportivo. L’aspetto generale del paese è assai gradevole e, abbondante, è ancora il verde: ma ciò che costituisce una perla in assoluto è la presenza, tra Vanzago e Mantegazza, del “Bosco di Vanzago”, riserva naturale oggi di proprietà del WWF. Si tratta di un’area di un migliaio di ettari in cui l’aspetto originale dei boschi e della campagna lombarda delle nostre zone viene conservato e valorizzato con la presenza protetta della fauna locale, nonchà© con l’arrivo periodico di uccelli di passo, attirati anche dai laghetti esistenti.
Mantegazza, oggi frazione di Vanzago, fu sino all’unità d’Italia una comunità con una propria autonomia amministrativa, salvo la dipendenza antica dalla Parrocchia del centro. Rispetto al capoluogo è un insediamento pi๠recente; ha tuttavia conservato l’assetto edilizio iniziale dal buon sapore anticheggiante. Interessante è l’antica chiesa di San Giovanni Battista al centro del paese.
Tratto da “La storia di Vanzago” di Gioachino Mauri
SAN IPPOLITO E SAN CASSIANO – 13 Agosto
Cassiano – secondo la tradizione – era sacerdote colto e pio; predicò il Vangelo a Sabina (località del Sud-Tirolo ed antica sede episcopale) e ne fu vescovo, consacrato dal vescovo di Aquileja. Scacciato dai locali, tenaci nei culti pagani, si diresse verso Roma e nel viaggio si fermò ad Imola divenendo il vescovo di quella comunità cristiana; allo stesso tempo si guadagnava da vivere facendo il maestro di scuola. Ai suoi scolari cercava di mostrare la falsità delle divinità pagane; fu per questo denunciato come corruttore della giovent๠e condannato ad un supplizio crudele: quello di essere trafitto dagli stiletti usati dai suoi allievi per scrivere incidendo sulle tavolette di cera. Il 13 agosto fu il giorno del suo martirio – che divenne il giorno della sua festa – al tempo di Giuliano l’apostata (360-363), in anni in cui ere ripresa con vigore la persecuzione anticristiana, nonostante i cinquant’anni passati dall’editto di Costantino. Le reliquie del suo corpo si trovano nella cattedrale di Imola.
Pare che la fama e la storia di san Cassiano martire si diffondessero nel milanese nell’VIII e IX secolo e che a lui venissero dedicate diverse cappelle. Tre di queste ancora oggi sono chiese parrocchiali dedicate al santo. Un patrono di tradizione molto antica non contrasta quindi con l’ipotesi di costruzione della chiesa a lui dedicata, nel villaggio di Vanzago, tra l’VIII ed il IX secolo.
S. Ippolito, il primo titolare attuale della chiesa parrocchiale di Vanzago, è di fatto il secondo nel tempo: lo riscontriamo nei documenti solo a partire dal XVI secolo. Ippolito si convertì al cristianesimo alla vista di un miracolo operato da san Lorenzo, che egli stesso come militare custodiva prigioniero. Istruito e poi battezzato da Lorenzo, Ippolito diede a lui sepoltura insieme al prete Giustino dopo che Lorenzo fu martirizzato arrostito su una graticola con sotto della brace ardente. Scoperto a sua volta e professatosi cristiano, fu portato davanti all’imperatore Valeriano.
Percosso con verghe e poi tentato con lusinghe di cariche ed onori, non cedette dal dirsi cristiano, con tutta la sua famiglia. Allora cominciò il martirio, dapprima con l’uccisione della sua nutrice Concordia, poi di altri diciannove membri della famiglia, infine con il suo supplizio: fu trascinato legato a due cavalli in corsa attraverso sterpi e rovi. Anche tale martirio avvenne il 13 di agosto, ma nel 258 sotto Valeriano imperatore, quindi ancora ai tempi del cristianesimo clandestino. Sepolto a Verano, la sua testa fu in seguito portata nella cattedrale di Lucca.
E’ probabile che, a lungo andare, nel celebrare la festa di san Cassiano il 13 di agosto di ogni anno, nel giorno comune anche a sant’Ippolito, la doppia denominazione passò dalla celebrazione liturgica anche alla intestazione della chiesa. Ciò avvenne presumibilmente all’inizio del Cinquecento e forse non vi fu estraneo il fatto che in quegli anni ben due arcivescovi di Milano si chiamarono Ippolito.
Tratto da “La storia di Vanzago” di Gioachino Mauri