Palazzo Calderara
Nel 1500 si hanno le prime notizie di un nucleo di “case da nobili” di proprietà di Alessandro Cremona. Nel 1610 detta proprietà fu acquistata dalla famiglia Besozzi la quale iniziò l’opera di trasformazione ed acquistò alcune proprietà confinanti del Beneficio Parrocchiale. Di tutte queste opere di ristrutturazione esiste atto,redatto in data 23 aprile 1736.
La famiglia Besozzi cedette il Palazzo ai Sig.ri Bianconi con atto di vendita del 28 settembre 1746.
Nel 1795 la famiglia Bianconi fallì e si vide quindi costretta ad alienare il Palazzo al Conte Leonardo Calderari che in seguito lo cedette al figlio Giulio il quale, dal 1819 al 1846,operò profonde trasformazioni dalla facciata alla volta del salone,al rifacimento del salone superiore.
Quando Giulio Caderara morì, la proprietà passò al fratello Carlo Calderara il quale,con testamento dell’agosto 1852, nominò suo erede universale l’Ospedale Maggiore di Milano.
Quando nel 1860 l’Ospedale Maggiore entrò in possesso del palazzo,lo svuotò di tutti i suoi averi per mezzo d’asta.
Nel 1912 la Sovrintendenza ai monumenti pose un vincolo di tutela che il proprietario rifiutò in quanto non poteva accollarsi gli oneri di manutenzione del bene.
Durante il periodo nel quale fu proprietario l’O.M. si assistette all’inevitabile degrado dovuto agli agenti atmosferici ma soprattutto alla scarsa attenzione prestata dai proprietari prima e dagli affittuari poi; si pensi che dopo la seconda guerra mondiale la gente utilizzò i legni pregiati come legna da ardere.
Dopo questi anni di incuria nel 1986 arriva finalmente la svolta; l’Ospedale Maggiore comunica la sua disponibilità a cedere il Palazzo al Comune di Vanzago.
L’alienazione del palazzo non può avvenire in modo diretto ma attraverso una convenzione tra l’Ente pubblico e l’impresa privata che avrebbe vinto l’asta pubblica bandita dall’O.M. il 10 novembre 1988; vince l’Impresa Fratelli Garavaglia.
Nel frattempo il Comune invia all’O.M. il certificato di destinazione urbanistica dal quale si può evincere che la destinazione è quella della nuova sede del Municipio.
Il 29 novembre 1989 l’Ospedale Maggiore vende il palazzo all’Impresa Garavaglia, la quale è obbligata poi a cederlo al Comune di Vanzago.
Nel 1991 è acquisito in via definitiva.
La Giunta Comunale di Vanzago con delibera n° 285 del 20/7/98 aggiudica all’Impresa SACEM di Pompei la ristrutturazione del palazzo.
Il palazzo è inaugurato il 6 Gennaio 2001.
Tratto da “La storia di Vanzago” di Gioachino Mauri.
Note storico-artistiche
Palazzo Calderara, come viene comunemente chiamato, è pi๠propriamente una villa su due piani, sorta come “villeggiatura” appunto, nell’area dell’alta pianura asciutta a Nord-Ovest di Milano, una delle prime in ordine di distanza dalla città .
L’impianto spaziale della villa prevedeva una chiara articolazione gerarchica dei corpi di fabbrica intorno ad una corte, che destinava al corpo centrale l’abitazione padronale con gli ambienti di rappresentanza quali il portico, il salone d’onore e lo scalone monumentale: tutti splendidamente affrescati. Oggi si conservano il corpo centrale e solo una delle due ali tuttavia non ancora ristrutturata. E’ comunque ben visibile l’asse prospettico che privilegia la progressione tra il cancello di ingresso, la corte, il corpo di fabbrica centrale con il suo portico (elemento di transizione tra lo spazio aperto della corte e lo spazio interno della villa) e il salone d’onore o di rappresentanza che a sua volta il collega la parte frontale della villa con il giardino retrostante. A questo si accede tramite una scala “sorvegliata” da due leoni realizzati ad impasto.
La facciata di marcata impronta neoclassica conserva ancora oggi il portico a cinque arcate di origine seicentesca. Le arcate sono sostenute da quattro colonne doriche in granito con base e capitello in serizzo. E’ caratterizzata da un frontone triangolare con cornice a mensoloni in pietra racchiudente un timpano, arricchito da un bassorilievo in stucco. Il frontone è affiancato da una balaustrata cieca con quattro basamenti per statue oggi disperse.
Le tre finestre centrali del piano superiore si aprono su un balcone con balaustra di pietra a colonnine di tipo ionico. La base è in lastroni di serizzo, sorretta da mensoloni in granito terminante con delle decorazioni in pietra scolpite a foglia e poggianti su teste di leoni pure in pietra scolpita.
Sopra le finestre del piano terra sono inserite quattro formelle in terracotta con bassorilievi a soggetto mitologico.
Meno elaborato e pi๠severo della facciata, pur nello stesso assetto ottocentesco, l’esterno della villa è caratterizzato da elementi decorativi quali finte bugnature angolari, marcapiano e cornici delle finestre, realizzate in muratura e intonaco a imitazione della pietra utilizzata sulla facciata.
Le finestre al piano superiore della controfacciata si aprono su un balcone con base in serizzo e con balaustra in ferro dell’Ottocento. Le finestre al piano terra si aprono invece su un’ampia terrazza larga come tutta la fronte dell’edificio, con balaustre a colonnetta del tutto uguali a quelle del balcone in facciata. La pavimentazione è in granito e termina con la gradinata verso il giardino.
La volta del portico è dipinta a decorazioni a “grotteschi” su fondo verde chiaro, suddivise in riquadrature poligonali.
La lunetta in corrispondenza dell’arco centrale del portico presenta lo stemma gentilizio della famiglia Calderari (scudo in tre campi: nel primo su fondo oro aquila bicipite con ciascuna testa coronata; nel secondo su fondo rosso leone leopardito oro; nel terzo caldaia in nero) sormontato da corona ed elmo con piume e sorretto ai lati da due figure alate. I sottarchi sono dipinti con motivi geometrici. Il pavimento è a mosaico con disegni geometrici molto semplici.
A lato del portico vi è una stanza completamente affrescata nel Seicento. L’accesso è esterno, sulla sinistra del portico. Il soffitto si presenta suddiviso in riquadrature contenenti al centro un’aquila e un angelo, ai lati cartigli con animali e motti in spagnolo, agli angoli ghirlande in alloro. A fianco di tale sala si trovano altri due piccoli locali adibiti un tempo a latrina. Tali locali sono un piccolo corpo di fabbrica aggiunto nell’Ottocento.
Dell’antica sala da bagno rimangono, rilevata nel 1861, rimangono solo le due colonne in stucco a imitazione del marmo bianco. All’esterno questo corpo presenta una facciata curiosa con due finestre a bifore acute in arenaria con capitelli intagliati a foglie.
Il salone di rappresentanza al piano terra, collegamento con la parte posteriore della villa, conserva gli affreschi del “˜600. Alle pareti e sulla volta troviamo delle pitture illusionistiche con un doppio colonnato ionico aperto su vedute paesaggistiche di gusto tardo manieristico, al di sopra del quale si ergono delle finte architetture a cielo aperto. Ad esse va riferita la targhetta che troviamo nella decorazione della volta con l’iscrizione “Campi pinse a dì 16 aprile 1641″; mentre un’altra targhetta simile recita: “Restaurato a dì 12 luglio 1833″. Vi sono altre due targhette simili alle suddette, le cui iscrizioni risultano però illeggibili. Alle pareti quattro aperture immettono nelle quattro stanze laterali anch’esse affrescate. Il pavimento è a mosaico in tutte i cinque ambienti ed è di mirabile fattura nonostante la sua semplicità . E’ conservato abbastanza bene ed il recupero conservativo non ne ha rovinato la bellezza originale.
Nel piano superiore oltre all’ampio salone, oggi Sala Consiliare, che conserva solo il cornicione decorato e nessuna traccia delle pitture che rivestivano le pareti sono presenti altre cinque ambienti. Di particolare nota è l’attuale ufficio del Sindaco che si trova alle spalle della Sala Consiliare e le cui finestre dia prono sul balcone in ferro battuto della controfacciata. Si tratta di una sala completamente affrescata che riporta sulle pareti paesaggi di montagna e paesaggi marini. Il soffitto del grande salone è a botte in legno mentre i soffitti di tutti i restanti locali del primo piano sono controsoffittature in legno. Il pavimento è in cotto.
I due piani sono collegati tramite un ascensore o attraverso un ampio salone cui si accede dal lato destro del portico esterno della facciata. Si tratta di uno scalone barocco a due rampe parallele con un pianerottolo intermedio ed uno di arrivo, con gradini in granito e balaustra a colonnine in pietra d’Angera.
Sulle pareti sono dipinte tre divinità classiche, inserite in finte nicchie arcuate, opera del pittore Conconi. Il soffitto è oggi in cassettonato ligneo tinteggiato di grigio-azzurro.
La corte di un tempo è oggi un’ampia piazza in stile lombardo che risalta la bella facciata del palazzo ed caratterizzata dalla presenza di una magnolia. Il giardino retrostante è invece ridotto rispetto ad un tempo (la maggior parte oggi ospita il Centro Sportivo Comunale) ma conserva ancora importanti alberi secolari.