25 Aprile 2025

25 Aprile 2025 | Discorso del Sindaco – 80° Anniversario della Liberazione

Nel corso delle celebrazioni per il 80° anniversario della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo, il Sindaco Lorenzo Musante ha tenuto un discorso dal titolo “80 anni di libertà – Oltre il ponte”.

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Care Concittadine, cari Concittadini,

è per me un onore essere qui insieme a voi, oggi, 25 aprile 2025, per celebrare l’ottantesimo Anniversario dalla liberazione dell’Italia dal nazifascismo. Il 25 aprile 1945 – 80 anni fa –, infatti, le città di Genova, Milano, Torino e altri centri più o meno piccoli insorsero e liberarono l’Italia settentrionale dal controllo repubblichino. Pietro Nenni, leader del partito socialista, lo definì il Vento del Nord.

La Liberazione dell’Italia settentrionale, avvenuta grazie al coraggio e alla determinazione delle forze partigiane, rappresenta uno dei momenti più alti e densi di significato della nostra storia. Non solo le città, ma le valli e le montagne furono il teatro di una lotta senza tregua, dove uomini e donne di ogni età e estrazione politica e sociale, si sollevarono contro l’occupazione nazifascista. Con strenua abnegazione, i partigiani riuscirono a sconfiggere un nemico che sembrava invincibile, contribuendo in modo decisivo alla caduta del regime fascista e alla fine della Seconda Guerra Mondiale in Italia.

Dall’anno successivo il 25 aprile è diventato una ricorrenza essenziale per ricordare il sacrificio di donne e uomini, grazie al quale oggi possiamo dire di vivere in uno Stato libero. Dal 1946, quindi, ogni anno in tutta Italia, in ogni Comune italiano, si celebra la liberazione dal nazifascismo e dall’oppressione che, durante il ventennio fascista, aveva soggiogato il nostro popolo.

E le celebrazioni sono state fatte anche a Vanzago, tutti gli anni. E tra le tappe del corteo, oltre a quelle davanti ai due monumenti ai caduti presenti nei cimiteri di via P. Ferrario e Mantegazza, tappa fissa è il monumento alla Resistenza, che celebra questo impeto, questa missione popolare che ci assicurato la certezza di vivere in uno Stato democratico.

Come la celebra? Io me lo sono chiesto pochi giorni fa, non lo avevo fatto prima. Capita di vedere delle opere d’arte e di non riuscire a interpretarne il significato. Di non riuscire a leggere ciò che sta dietro alla rappresentazione artistica. L’ho chiesto all’artista che l’ha realizzata, Gino Corsanini. La risposta è questa: la scultura rappresenta due figure, una donna e un uomo nudi, spogliati di tutto ciò che era in loro possesso a causa dell’oppressione.

Ma, dalla testa, nasce un’altra forma che per lo scultore rappresenta l’anima. Il senso è l’oppressione spoglia l’uomo, ma non l’anima. L’oppressione ci può spogliare di tutto ma non della nostra anima, che è quella che – tornando agli anni della Resistenza – ha – verrebbe da dire – “animato”, dato vita ai moti di insurrezione contro il nazifascismo, a questa lotta per la libertà. E l’anima è ciò che ha dato la forza, il coraggio, la determinazione ai partigiani per lottare.

Italo Calvino in uno dei suoi componimenti, dal titolo Oltre il Ponte, ha scritto:

Avevamo vent’anni e oltre il ponte / oltre il ponte ch’è in mano nemica / vedevam l’altra riva, la vita / tutto il bene del mondo oltre il ponte.

In questi pochi versi Calvino ci porta ad una realtà cruda, alla realtà della guerra, combattuta da giovani, [Avevamo vent’anni], all’idea di lotta per un obiettivo concreto, un obiettivo militare, una vittoria contro il nemico, l’avanzamento della linea di combattimento, la conquista di un ponte. Ma – questi stessi versi – ci restituiscono anche un’altra prospettiva: oltre il ponte c’è la libertà, la vita, [tutto il bene del mondo oltre il ponte].

Oltre il ponte, c’era la speranza di un mondo migliore, di un’Italia libera, senza l’oppressione, ma la dignità e la possibilità di costruire un futuro. Il ponte simboleggia quel passaggio cruciale, non solo fisico, ma anche simbolico, tra un’epoca di sofferenza e una nuova di libertà e democrazia. Per i partigiani, il ponte rappresentava la linea di separazione tra l’occupazione e la speranza, tra l’oscurità della tirannia fascista e la luce della libertà conquistata con la lotta e – in molti casi – la vita. È per questo che la Resistenza non è solo un capitolo della nostra storia, ma un’idea viva che anche con queste celebrazioni ogni anno riportiamo alla memoria.

E abbiamo il dovere di farlo.

Una memoria che richiama al sacrificio, un sacrificio vissuto – non con sobrietà – ma con la determinazione di chi ha lottato per un’ideale.

A noi quindi che viviamo oggi Oltre il ponte, rimane il dovere di voltarci indietro a guardare quel ponte, quello che ha significato. A non perdere il senso di ciò che hanno significato da un lato il ventennio fascista, dall’altro la resistenza partigiana. In una contrapposizione che la storia ha decretato come un capitolo ormai chiuso, ma a cui il mondo oggi sembra non dare più retta.

Non nel rischio di un ritorno di un regime fascista, che la nostra Costituzione repubblicana e democratica, scritta con saggezza e lungimiranza dai padri costituenti, rigetta in maniera radicale e viscerale, ma nella perdita del senso del valore di ciò che la lotta partigiana ha rappresentato, ovvero della ricerca estrema della libertà. Una libertà che discende dal sacrificio di chi ha saputo mettere in gioco la propria vita per riconquistarla, una libertà che incarna – dovrebbe farlo – un sentire collettivo di un popolo. Un sentire collettivo che pare essersi perso, in parte almeno, nell’Italia di oggi, forse nel mondo.

Papa Francesco – che mi sento in dovere di ricordare in questo giorno di lutto nazionale per la sua scomparsa per essere stato faro in un periodo della storia che sembra avvicinarsi al crepuscolo – in un capitolo dell’enciclica Fratelli tutti (scritta nel 2020), si esprime così:

Ma la storia sta dando segni di un ritorno all’indietro. Si accendono conflitti anacronistici che si ritenevano superati, risorgono nazionalismi chiusi, esasperati, risentiti e aggressivi. In vari Paesi un’idea dell’unità del popolo e della nazione, impregnata di diverse ideologie, crea nuove forme di egoismo e di perdita del senso sociale mascherate da una presunta difesa degli interessi nazionali. E questo ci ricorda che «ogni generazione deve far proprie le lotte e le conquiste delle generazioni precedenti e condurle a mete ancora più alte. È il cammino. Il bene, come anche l’amore, la giustizia e la solidarietà, non si raggiungono una volta per sempre; vanno conquistati ogni giorno. […]

Care Concittadine, cari Concittadini, abbiamo il dovere, noi, oggi, che ci troviamo Oltre il ponte di guardare indietro con maturità e consapevolezza di quello che è stato, ma, soprattutto, di guardare ancora Oltre il ponte per decidere quello che vogliamo che sia il mondo domani. Di assumerci una responsabilità collettiva ed agire nel nostro quotidiano per invertire questa tendenza.

Calvino – che aveva vissuto il dramma del ventennio, le atrocità della guerra e la speranza suscitata dalla Resistenza, chiude così – infatti – il suo componimento con un invito che è suo e di tutta la sua generazione alle generazioni future:

E vorrei che questi nostri pensieri / quelle nostre speranze di allora / rivivessero in quel che tu speri / o ragazza color dell’aurora.

Viva la resistenza partigiana, viva l’Italia libera e – con sobrietà – viva l’Italia Antifascista.

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20250425_25 aprile_Oltre il Ponte

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(dim. 162 KB) - ultima modifica: 25 Aprile 2025

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